Oh, che scivoliamo nel crepuscolo... Com'è sdrucciola questa patina d'eclisse - profilo fluido di un volo nero. Addio baleno e frastuono, acido colore di sole, noi scendiamo nel manto buio - che è di seta - di Signora Dimenticanza. Noi siamo le cose! osso del reale, istante già andato alle spalle del trionfante, piatto, giorno domani. Noi siamo ciò che fosti in ogni attimo che sei stato!
Lasciva è la cenere: toccala, e si disfa grassa tra le mani; siamo gli oggetti abusati dal desiderio che ti neghiamo; perché lubrica è la voglia del tuo sguardo predace, che non ci prende. Né c'è calore nell'aria di garza bruna; sprofondati nel freddo esanime dell'ombra che è materia di nulla - ti chiamiamo al di qua del sipario di vernice; ma cosa temi? di caderci dentro, di perdere la tua vivace tinta d'insulto? Allora stai in là, con i tuoi schizzi di luce in capo: non vedi questi nostri rossi ritenuti, questi biondi imbruniti? Qui tutto è detrazione, qui -se t'avvicini- ti succhieremo quella cipria di luce, che è la tua vita, di pallida rifrazione di una salma. Qui rischi di sopravviverti, in questo nostro barbaglio annottato e ti smagli, come fossi serpe, strofinando l'esistenza contro i minuti in cui trapassa, ciascuno ti sembra avere un tono, glauco vivo o di minio avvinato: c'è l'attimo azzurro e il secondo arancio, c'è l'ora gialla e quella viola; ma, alla fine, riconosci che di giorno in giorno ti scolori soltanto. E dunque eccoti! metti su la pelle vera, quella rovescia, del nostro al di là di cose. Cadi quaggiù dove residuiamo ricordi, che deliquiano e si squamano di buio in nero. E dai, vomita l'inchiostro che c'hai dentro! Raggiungici, che già ci appartieni... oh, che sei sorpreso? Lo pensavi un arcobaleno? Perché padrone di tutti i momenti, deve esserlo anche di ogni sfumatura? Macché! lui è solo sottrazione, che perdurando ci scava e ci digerisce. Guardaci dunque, perché è qui: su di noi, che trovi riflesso il colore tenue che ha il Tempo.
Piccola macchina mitologica, 2005